NEW YORK,
1.10.2014
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La storia e la gloria dei grandi
campioni del mondo riflettono l’era in cui essi
son vissuti sul trono mercè i risultati
ottenuti dopo epici incontri, che migliaia di
spettatori hanno ammirato e molti ricorderanno.
L’americano Jack Dempsey riflette
il “Roaring 20” (vagabondaggio), Joe Louis era
un perfetto personaggio della “Grande
Depressione”, Muhammad Alì il capostipite del
turmoil 1960 (tumulto), Rocky Marciano
rispecchia l’ottimismo della fine 1950, quando i
piccoli paesi crescevano e tutto sembrava
possibile.
Lo sport americano annoverava due
discipline più seguite, Baseball e Pugilato,
con la prima in leggero vantaggio essendo la
palla base lo sport nazionale per milioni di
cittadini.
Con immenso orgoglio possiamo
affermare che, ancora oggi, l’America onora due
“miti” di origini italiane: Rocky Marciano e Joe
Di Maggio, l'uno, di
sangue abruzzese-campano, imbattuto campione
del mondo di pugilato;
l'altro, figlio di emigrati siciliani, fu il
migliore picchiatore della palla base nella
storia, con 24 titoli sul petto. L’odissea di
Rocco Marchegiano e di Joe Di Maggio è un
quadro meraviglioso delle vittorie dei due più
grandi assi del mondo, i quali con coraggio,
forza ed intelligenza hanno costruito un
monumento sul quale sventola orgogliosamente il
tricolore.
Per molti fan, Marciano è il
simbolo della restaurazione della boxe “bianca”,
dopo un lungo dominio dei grandi pugili di
colore Joe Louis, Ezzard Charles e Jersey Joe
Walcott, quando la comunità italo-americana
sosteneva il suo “poulain” che ben presto
avrebbe preso in mano le redini e invertito la
rotta.
In realtà, il record è pronto
a testimoniare che, prima di Rocky, lo Stivale
vantò il “regnante” Primo Carnera che resse lo
scettro, sia pure per un solo anno, per essere
caduto ben presto, purtroppo, nelle grinfie
della dilagante “cattiva societa”.
Marciano (nella foto con il
Presidente J. F. Kennedy) era “reale” e per la
comunità italo-americana era “uno di noi” che
chiedeva al “paisa’” lo scettro e l’onore.
Dal canto suo Di Maggio possedeva
un brillante passaporto che lo poneva nell’elite
della società. Insomma il siculo era considerato
l’essenza di stile e grazia, pur essendo molto
riservato.
Joe dava l’impressione di
trovarsi in una dimensione dove, purtroppo,
molti paesani non riuscivano ad arrivare.
E, difatti, Di Maggio sposò
Marilyn Monroe, la diva dei sogni di tutti. Una
diva che non avrebbe certamente sposato Rocky
Marciano, il quale, dopo il match vittorioso
con Joe Walcott, fece una promessa a se stesso
(che rivelò al cronista): ”Quando sei
campione del mondo dei massimi tu rappresenti il
pugilato. Ho deciso che non farò mai qualcosa
che disonora la boxe e pone in disgrazia il
titolo”, e quando chiesi a Rocky quale
fosse la cosa che aveva compiuto e considera la
più bella e avvincente, ebbi per risposta: “Essere
campione significa tutto. Se perdi il titolo
perdi la folla, il rispetto, l’ammirazione e i
soldi. Cosa c’è di più importante di quando
camini per le strade di qualsiasi città sapendo
di essere campione del mondo?”.
La folla lo amava, idolatrava e
anche Roland La Starza, l’altro valido peso
massimo italo-americano, che Rocky sconfisse per
ben 2 volte, affermava: ”Quell’uomo e’
veramente bravo e forte. Un esempio per tutti i
pugili”.
“Rocco” amava e rispettava i
suoi genitori, patriottico, non fumava ne’
beveva. Non era soltanto ”qualcuno”, era la
fotografia della “American Way of Life”, era il
sogno di questa nazione, figlio di un povero
calzolaio italiano malato. Questa era, insomma,
l’America capace di donare la “chance” di farsi
una vita migliore. Dal rovescio della medaglia
si poteva notare una grande stamina, e la
fortuna di uscirne sempre illeso. Gli
spettatori avevano la sensazione che mentre
Rocky picchiava con la sua forza distruttiva,
il match proseguiva dando l’impressione di
ammirare una forza in continuo crescendo. “Rocky
paralizza tutto ciò che incontra, e il
malcapitato rimane a lungo intorpidito” mi disse
un giorno Charles Goldman, uno dei più grandi
”trainer”del tempo.
I PRESIDENTI E I
CAMPIONI
La Casa Bianca “impazziva” per i
nostri campioni. Li chiamava, li rispettava.
Una volta il famoso Presidente degli Usa,
Generale Dwight Eisenhower, inviò una lettera
d’invito di suo pugno, onde incontrare
l’imbattibile Rocky Marciano e Joe Di Maggio. Il
Capo dello Stato si intrattenne a lungo con i
due illustri campioni dello sport e ad un certo
momento, con tono scherzoso, chiese a Rocky:
”Saresti capace di battermi in dieci round?”.
Al che Marciano, sorridendo, mostrò il suo
micidiale pugno destro e disse “No, Sir...”.
Al suo fianco, sorridente e divertito dal
siparietto, il king del baseball, Di Maggio,
scuoteva il capo.
E la tradizione
della Casa Bianca fece aumentare sempre più gli
inviti dei Presidenti Kennedy, Ford, Regan,
Bush, Obama, di trascorrere un po’ del loro
prezioso tempo con i grandi assi dello sport
mondiale, scambiando con loro idee e opinioni.
Nell’occasione ai campioni veniva consegnata
una prestigiosa “Medal of Honor”, la massima
onorificenza degli Stati Uniti. |