Matteo
Petrini è nato a San Benedetto del Tronto nel 1988 ma
ha vissuto sempre a Giulianova fino alla maturità
scientifica al Liceo
"M. Curie".
Successivamente, si è trasferito a Perugia dove nel 2015
ha conseguito la Laurea Magistrale in Chimica e
Tecnologica Farmaceutica, con il massimo dei voti. La passione per la ricerca
lo ha spinto già prima di conseguire la Laurea ad effettuare
un periodo di ricerca in un laboratorio internazionale
attraverso il bando Erasmus. Grazie a questa borsa di
studio, ha vissuto «sei meravigliosi mesi» a Karlstad in
Svezia nel 2013, prima esperienza lavorativa in una lingua e
in un paese
straniero. Subito dopo la Laurea, Matteo ha sostenuto e superato l´esame per ottenere la licenza da
farmacista, «ma la passione per la ricerca mi ha portato
su una strada diversa», sostiene. Ha così ottenuto un´altra borsa
di studio per una internship a Rotterdam, lavorando in ambito pre-clinico su varie forme di
leucemie e la loro causazione con l´over-espressione di
alcuni tipi di geni. Il periodo a Rotterdam ha
rappresentato una
grande svolta per Matteo, in quanto gli ha consentito di
conoscere diversi
Professori che gestivano interessantissimi gruppi di
ricerca, e ha iniziato così a creare il suo network.
Portato a compimento il contratto a Rotterdam, ha accettato un´offerta
di lavoro come ricercatore nella Clinica Universitaria
Grosshadern di Monaco di Baviera e qui ha focalizzato la
ricerca sul miglioramento di varie terapie oncologiche
utilizzando la nanomedicina e sistemi di rilascio (drug
delivery). Al termine del periodo di ricerca, nel 2018,
ha ottenuto il Dottorato dalla prestigiosa
Ludwig-Maximilians Universität (LMU) di Monaco di
Baviera e il giorno dopo ha firmato un contratto a tempo
pieno come associato con una Biopharm start-up di Monaco,
la Thermosome, la compagnia con la quale lavora
tutt´ora. Le positive esperienze di ricercatore
gli sono valse promozioni a raffica, l´ultima
delle quali, nel Gennaio 2020, gli ha assicurato la
qualifica di capo del dipartimento di Ricerca e Sviluppo
dell'azienda.
Si tratta di una posizione con diverse responsabilitá,
tra le quali anche la supervisione e direzione di un
team di 8 persone tra tecnici e ricercatori. Nel 2019 il suo gruppo
di ricerca ha ottenuto finanziamenti di diversi milioni
per continuare lo sviluppo di alcune di queste
formulazioni, grazie ad un progetto nato come spin-off
della sua tesi di dottorato. Inoltre, questo e´un
periodo molto importante, visto che tra un anno
inizieremo finalmente a testare alcune formulazioni su
pazienti oncologici, in trials clinici combinati tra la
Clinica Universitara Grosshadern di Monaco e l´Ospedale
Charite di Berlino. «Sono sicuro che questo sará un punto
di svolta importante per la compagnia dove lavoro, con
la potentzialitá di portare un ulteriore significativo
arrichimento delle diverse terapie disponibili per
combattere le patologie tumorali», la chiosa
incoraggiante di Matteo.
Matteo Petrini e la
curiosità di scoprire il farmaco anti-cancro
Matteo Petrini nel laboratorio principale di
Thermosome, intento a lavorare con una formulazione di
recente sviluppo
ottoBRE
2020 -
La curiosità. E' l'appassionante curiosità, per citare
un certo Albert Einstein, il motore turbo acceso nel
cuore e nell'anima del giovane giuliese Matteo Patrini,
ricercatore a Monaco di Baviera. Laurea in Chimica e
Tecnologia Farmaceutica in tasca, Matteo, a soli 32 anni,
è Capo del Laboratorio dell'emergente azienda farmaceutica Thermsome e si occupa, insieme ad un gruppo di lavoro di
cui è supervisore e direttore, della ricerca
sullo
sviluppo di formulazioni pre-cliniche e la loro
translazione clinica in ambito oncologico.
L'obiettivo finale della ricerca, in sostanza, è quello di produrre un
farmaco capace di ridurre i drastici effetti collaterali
delle attuali chemioterapie, comprese quelle utilizzate nelle
patologie particolarmente complesse come i tumori
pancreatici e mammari.
Riposta nel
cassetto la prospettiva del lavoro di farmacista per la
curiosità della ricerca, Matteo sta
bruciando le tappe
della sua formazione e della sua carriera, non senza
avere attraversato con coraggio e determinazione le
prime dure prove della vita, e ora, a buon diritto, va
annoverato tra i "figli" di cui "mamma" Giulianova
può menare vanto e orgoglio.
Una
bella foto di famiglia: Matteo festeggia il suo 30°
compleanno con mamma Silvia, la sorella Helena e papà
Raffaele, per gli amici "Lello"
Matteo, Capo
del Laboratorio di Thermosome, un ruolo di prestigio e
responsabilità in una importante azienda farmaceutica.
Quale l'origine di questo tuo mondo professionale?
Io sono
curioso di indole e animato dalla passione per la ricerca.
Il mio passatempo preferito da bambino era quello di
smontare i giochi che possedevo per vedere come erano
fatti dentro. Un'attitudine che mi porta anche ad amare, vedere e conoscere posti nuovi,
esplorare culture e paesi stranieri e arricchire il mio
bagaglio personale.
Ci puoi
illustrare il
tuo lavoro?
Sono in pratica addetto alla supervisione e gestione di
qualsiasi progetto di ricerca e sviluppo (R&S) che la mia
compagnia abbia intenzione di intraprendere. E´un lavoro
assolutamente stimolante che mi che mi ha portato a
girare l´Europa e l´America per scopi lavorativi grazie
a diversi progetti di ricerca con altre aziende
farmaceutiche.
A
differenza del mondo accademico, ci focalizziamo
prettamente su progetti ad alto potenziale di sviluppo
clinico, e contemporaneamente, cerchiamo di terminare
progetti con minima possibilità di translazione il prima
possibile, anche se altamente interessanti a livello
scientifico. Questo per cercare di tenere in positivo il
bilancio tra risorse (input) e obbiettivi da raggiungere
(output), che a livello industriale è il parametro più
importante. Come si dice di solito in ricerca
industriale, “Fail Early, Fail Fast” (fallisci presto,
fallisci veloce), che racchiude il concetto principale
in campo di ricerca industriale. Questo si può
comprendere ancora di più se si pensa che un ricercatore
in R&S può costare fino a 200 mila Euro l´anno (tra
stipendio, materiali di consumo, corsi di formazione,
etc..), e il costo medio per l´immissione di un farmaco
in commercio si aggira intorno a 1 miliardo di Euro.
Considerando che circa il 90 % di tutti i progetti sono
destinati a fallire, fallire ad uno stadio precoce porta
la salvezza di una quantità enorme di risorse.
Puoi entrare più nel
dettaglio, con parole semplici,
sulla
ricerca portata avanti dal vostro gruppo?
Lavoriamo
esclusivamente su “sistemi di rilascio” che permettono
di indirizzare alcune tipologie di farmaco dove
richiesto, e minimizzare cosi gli effetti collaterali.
In particolare, utilizziamo delle nanoparticelle,
prodotte nel nostri laboratori, che possono incapsulare
al loro interno farmaci altamente tossici, come ad
esempio i chemioterapici. Successivamente, queste
nanoparticelle vengono amministrate al paziente per
infusione, cosi come viene effettuata la somministrazione di
alcuni chemioterapici. Le nanoparticelle, grazie alle
loro dimensioni (sono molto più piccole di un globulo
rosso) possono circolare liberamente nel nostro
organismo e sono studiate per essere biocompatibili al
cento per cento. In questo caso, però, il farmaco non
è libero di circolare all´interno del nostro organismo,
poichè costretto all´ínterno di queste nanoparticelle,
che schermano così organi importanti come cuore,
intestino, reni, e i vari tessuti epiteliali. In questo
modo, proteggiamo questi distretti dalla drastica azione
del farmaco, e allo stesso tempo, attraverso un
meccanismo specifico delle nanoparticelle, queste ultime
si accumulano nella zona target, quindi a livello di una
patologia tumorale. In pratica, attraverso questo
sistema, cerchiamo di migliorare la terapia
farmacologica di un paziente oncologico attraverso due
sistemi principali: primo, la riduzione di effetti
collaterali causati dalla somministrazione del farmaco
libero, e secondo il miglioramento della terapia
sfruttando la funzione “target” delle nanoparticelle.
Matteo Patrini (secondo da
destra) e parte del team di Ricerca e Sviluppo di
Thermosome
Qual è il
campo specifico, ovvero le patologie, dei vostri studi e
della vostra attività di ricerca?
Come già
accennato, lavoriamo specialmente con farmaci che hanno
uno spettro d'azione molto ampio e quindi possono
portare a diversi effetti collaterali. Nello specifico,
ci focalizziamo sullo studio di farmaci chemioterapici
per terapie oncologiche, che successivamente vengono
encapsulati all´interno delle nostre nanoparticelle. Per
ora, ci siamo specializzati prettamente per la cura di
sarcomi, tumori dei tessuti molli, che hanno una
morfologia molto particolare e “soffrono” di solito di
diagnosi tardive poichè difficilmente diagnosticati
nella loro fase iniziale. Il primo trials clinico con la
nostra formulazione inizierà l´anno prossimo proprio su
pazienti affetti da sarcoma, e abbiamo già in mente
successivamente di ampliare l'utilizzo della nostra
tecnologia anche ad altre patologie tumorali molto
ostiche, come il carcinoma pancreatico o mammario.
In Puglia un
gruppo di ricercatori
dell'Istituto De
Bellis di Castellana ha scoperto la proteina che ripara
il dna delle cellule cancerogene e si potrà evitare la
chemio nella cura dei cancri al seno, colon, ovaio e
pancreas. Sarà il farmaco, in
definitiva, la cura meno invasiva e risolutiva del
cancro?
Ho letto con
molto interesse la recente pubblicazione del Professor
Cristiano Simone, a capo del gruppo di ricerca che ha
effettuato questa prestigiosa scoperta tutta italiana.
Effettivamente, la scoperta di nuovi “target” da poter
utilizzare per lo studio e sviluppo di nuovi farmaci
mirati per alcune tipologie di cancro è una delle vie
che potenzialmente, più di tutte, può portare alla
genesi di nuove e importanti armi nel nostro arsenale
contro le varie patologie tumorali. A loro pari, mi
sento assolutamente di citare l´immunoterapia, che negli
ultimi anni ha fatto passi da gigante grazie a nuovi
farmaci recentemente immessi nel mercato. Questi farmaci
non funzionano come i classici chemioterapici, infatti
non hanno nessun effetto contro le cellule tumorali (né
contro le cellule sane, hanno quindi un profilo molto
meno invasivo). La loro azione è invece mirata contro le
cellule del nostro sistema immunitario (i famosi globuli
bianchi) che vengono così attivati e muniti di
specifiche funzioni da utilizzare contro le cellule
tumorali. In questo modo, il nostro stesso sistema
immunitario viene rafforzato e lavora attivamente per la
distruzione del cancro, con diversi vantaggi comprovati
in diverse tipologie. In ultimo, dobbiamo ricordare che l´arma che abbiamo più efficace contro le varie
patologie tumorali è la diagnosi precoce. Anche in
questo campo sono stati fatti enormi passi in avanti
negli ultimi anni, e l´immissione di vari screening in
routine clinica (sia con mezzi diagnostici che con
analisi di specifici biomarkers) ha promosso la
possibilità di effettuare diagnosi precoci su diverse
patologie tumorali, con un incremento significativo dei
tassi di sopravvivenza.
Il caso
pugliese rappresenta una speranza di adeguato
sostegno alla ricerca anche in Italia e quindi uno
spiraglio per evitare la fuga di cervelli all’estero?
Il gruppo del
Professor Simone, così come tanti altri nel nostro
Paese, sono l´esempio lampante che il livello della
ricerca scientifica il Italia non ha nulla da invidiare
a quelli di paesi esteri. Questo soprattutto grazie ad
un´istruzione universitaria di primo livello, al di sopra
della media europea. Poi, però, il cerchio non si chiude,
visto che non riusciamo ad utilizzare il pieno
potenziale dei neolaureati che formiamo, che quindi
cercano “fortuna” altrove. Basti pensare che i più
famosi finanziamenti alla ricerca europea sono garantiti
dall´ente ERC, e tantissimi ricercatori italiani ogni
anno si aggiudicano gran parte di questi fondi.
Pochissimi, tuttavia, decidono di solito di utilizzare
tali fondi in Italia, preferendo paesi più competitivi
come Olanda, Germania, Regno Unito o USA. Credo che questo
sia soprattutto dovuto alla mancanza di un sistema che
possa invogliare grandi aziende ad investire nel nostro
paese, molte volte scoraggiati da una burocrazia
infinita o dalle solite raccomandazioni della baronia
universitaria, una patologia nostrana.
Matteo, dopo aver
difeso la sua tesi di Dottorato, in posa con il
Professor Lars Lindner, a capo del gruppo SarKUM nel
dipartimento di Oncologia del Policlinico Grosshadern,
supervisore della sua tesi. Come usanza, i nuovi
Dottorandi devono indossare un cappello fatto a mano dai
propri colleghi dopo la cerimonia di premiazione.
Credi nella
meritocrazia?
Credo che la
meritocrazia sia alla base di una qualsiasi società
liberale che vuole crescere in maniera sana. Quindi sì,
credo assolutamente nella meritocrazia come sistema
necessario da applicare in qualsiasi campo economico e
politico, anche se sono conscio che a volte viene
sopraffatta da amicizie, raccomandazioni, status
individuale o classe sociale. Personalmente, non credo
di essere stato mai affetto da nepotismo o privilegi di
classe, quindi mi ritengo molto fortunato finora, anche
se ho sentito diverse storie di questo stampo,
soprattutto in campo accademico. Credo fortemente che
una persona di talento nella società di oggi riuscirà
prima o poi a realizzarsi, anche sbattendo un po' la
testa contro infinite porte chiuse, finche troverà il
beneamato portone ben spalancato. Accanto alla tenacia,
ci vuole anche un po' di fortuna, come dice il famoso
proverbio “audentes fortuna iuvat” (la fortuna aiuta chi
osa),
Le case
farmaceutiche sono spesso nell’occhio del ciclone per
potenza o potere economico. Questo garantisce comunque
le adeguate risorse per la ricerca?
Le aziende
farmaceutiche sono in primis aziende, e l´occhio al
bilancio è uno dei punti critici per il loro sviluppo e
crescita. Questo, insieme al fatto che producono
prodotti come i medicinali, beni “particolari” il cui
prezzo segue una precisa regola supervisionata da organi
come la FDA (in USA) or l´EMEA (in Europa). Sono proprio
questi organi (e le loro succursali nazionali, come
l´AIFA in Italia ad esempio) che regolano importanti
step come l´autorizzazione all´immissione in commercio
di un nuovo farmaco, criteri di inizio o terminazione di
studi clinici, o la rimozione di un farmaco perchè
ritenuto non sicuro. Lo studio e lo sviluppo di un
farmaco può aggirarsi a cifre ben superiori ad 1
miliardo, e molti di questi farmaci in via di sviluppo
non verranno mai autorizzati per la produzione in
commercio, poichè falliscono in fasi tardive. Questo fa
sì che l´azienda deve tornare nei propri costi
attraverso la vendita dei farmaci di successo, i
cosiddetti blockbuster. Questi ultimi sono il vero e
proprio sostentamento dell´industria farmaceutica, e
permettono di reinvestire parte del loro guadagno in
ricerca e sviluppo per nuovi blockbuster (secondo alcune
recenti valutazioni, fino al 15% del reddito netto).
Questo è un ciclo che si autoalimenta e che si sostiene
di fatto sul bilancio netto fra entrate e reinvestimenti:
più un'azienda farmaceutica sarà in attivo, più cercherà
di spostare capitali nei vari dipartimenti di ricerca e
sviluppo.
Lavorare per
una casa farmaceutica è più gratificante, anche dal
punto di vista dei risultati, rispetto alle strutture
ospedaliere e pubbliche?
Nel mio periodo
di dottorato ho lavorato nel Policlinico Grosshadern di
Monaco di Baviera, mentre ora a Thermosome sento il
fermento di lavorare in un'azienda farmaceutica in
continua crescita. Devo dire che sono due mondi
completamente diversi, e a parte ciò che è già stato
accennato in base alle differenze di priorità fra il
settore industriale e quello pubblico/accademico, altre
differenze che ho notato sono in relazione alla
dinamicità dell´ambiente lavorativo e alle diverse
funzioni. A Thermosome, ho scoperto un altro mondo, oltre
la ricerca di base, che è formato dalla coesione di
diversi dipartimenti, come quello di produzione, di
marketing e quello puramente clinico, che devono andare
d´accordo e coesistere nelle diverse fasi. Abbiamo
diversi meeting settimanali, e il lavoro, anche se più
di scrivania, è molto stimolante perchè non ti affaccisolo nell´ambito della ricerca ma anche con
professionisti di altri settori. Inoltre, l´azienda è di
piccole dimensioni, perciò si è a contatto diretto nei
diversi campi creando una palestra ideale per una
formazione a 360 gradi.
L’azienda per
la quale lavori è in qualche modo coinvolta nella
ricerca per la scoperta del vaccino anti-Covid 19?
No, lavoriamo su
campi completamente diversi. Nel campus biomedico dove
siamo situati ci sono diverse aziende che lavorano in
materia di vaccinazioni per il Covid 19. Spero vivamente
che tutti questi sforzi congiunti a livello
internazionale porteranno presto allo sviluppo di un
vaccino efficiente per questo virus.
A proposito
della pandemia. In Italia si dibatte molto sulla bassa
percentuale di decessi e ricoveri in terapia intensiva
registrati in Germania in rapporto all’alto numero di
contagi. In effetti qual è la spiegazione?
Sì, ricordo bene,
erano gli inizi di Marzo e ricordo che ogni giorno comparavo
le percentuali di decessi tra Germania e Italia, notando
questa drastica differenza. All´inizio ricordo si era
anche ipotizzato che in Germania non si facessero
abbastanza tamponi o che si contassero i decessi in
maniera diversa rispetto all´Italia. Dopo varie
discussioni con diversi miei colleghi, ho compreso che
non erano le reali spiegazioni. In realtà, un dato
interessante che non era stato riportato dai media ai
tempi, è che in Germania la media degli infettati era
di circa 20 anni più giovane di quella italiana. Ciò
ha fatto sì che in Germania la maggior parte degli
infettati avesse un percorso clinico meno grave, poichè
più lontano dalla fascia reputata a rischio. Il motivo
ancora non si è appurato al 100%, ma si suppone una
separazione più netta fra giovani e anziani, dovuto al
fatto che i giovani sono più portati ad uscire ed essere piu “autonomi”. Non so se questa sia la
reale spiegazione, ma di fatto in Germania non si
è sentita assolutamente una crisi così grave come quella
in alcune parti in Italia, a cui va tutto il mio
cordoglio. Sono inoltre davvero contento che il
governatore della Baviera, Markus Söder, abbia deciso,
anche in caso di non emergenza assoluta (visto che i
numeri non erano cosi gravi come in Italia), di
provvedere ad una chiusura preventiva a marzo/aprile.
Questo per evitare una possibile impennata dei
casi con possibile saturazione del sistema sanitario,
che di fatto non è mai avvenuta.
Restando in
tema, Monaco è
la città dell'Oktoberfest che quest’anno è stata
annullata proprio a causa del coronavirus. Può
rappresentare, pertanto, la città-simbolo del controverso dilemma
“lockdown o no lochdown”?
L´annullamento
dell´Oktoberfest è stato di sicuro un duro colpo, non
tanto per il mancato guadagno, ma proprio per ciò che
rappresenta per la città. Se non ricordo male, la festa
dell´Oktoberfest à stata annullata solo un altro paio di
volte dalla sua prima edizione nel lontano 1810, per
ragioni come conflitti mondiali o pandemie. Per questo,
l`annullamento dell´Oktoberfest di quest´anno è un
chiaro sintomo della grave situazione che stiamo
affrontando e, personalmente, rispetto la coraggiosa
decisione del governo bavarese di provvedere a tal
riguardo. Devo dire anche che questa decisione, così
come il breve lockdown che abbiamo effettuato a Marzo
(una versione light rispetto a quella italiana), sono
sempre state prese molto a cuore dai cittadini tedeschi.
Per mia esperienza, sebbene le decisioni del governo
abbiano limitato le libertà personali per un periodo
limitato, sono state sempre accettate come necessarie
per il bene comune. Questo, insieme ad una informazione
chiara ed univoca dal governo e non contornata da
battibecchi televisivi fra i diversi esponenti politici,
ha portato la Germania ad affrontare il periodo di lockdown in maniera lineare. Naturalmente, c´è chi ha
sofferto più di altri, e qui la stretta si è sentita in
maniera particolare su ristoratori e negozi a conduzione
familiare che hanno potuto usufruire, insieme ad altri settori,
dei diversi incentivi statali per la loro
sopravvivenza.
Matteo con la compagna Teresa, bellezza italiana doc,
nei tipici vestiti Bavaresi, Lederhosen per Lui e Dirndl
per Lei
Monaco di
Baviera è considerata una delle città più “potenti”
della Germania. Tu come la vivi fuori dall’ambito
lavorativo?
Fuori dal lavoro, ho diversi hobbies che coltivo anche con la mia compagna
Teresa. Il primo tra tutti, fare centinaia di escursioni
alla scoperta delle meraviglie della Baviera, fra
castelli e montagne. Quando posso, cerco di tornare a
casa dei miei genitori, che mi hanno sempre supportato
in qualsiasi cosa facessi e a cui devo tanto. Un fatto
curioso, i cittadini di Monaco la denominano comunemente
come la “città Italiana più a Nord”, poichè ritenuta,
fra tutte le città tedesche, quella con l´"anima" più
italiana. Trovo che questo sia parzialmente vero, dal
momento che si
sente dietro ogni angolo la cultura e il rigore tedesco,
che si unisce con l´amore che hanno i monacensi per il
verde, le celebrazioni, la collettività e la voglia
di vivere bene. Avevo timore all´inizio di arrivare in
una città grigia, dove il lavoro e il rigore fossero i
soli pilastri della società. Beh, non avrei potuto
essere più in errore. Qui a Monaco, non c´è nulla di più
importante di avere un ottimo rapporto fra vita
lavorativa e familiare, e ogni momento è buono per
rilassarsi in uno dei numerosi Biergarten (parchi enormi
ricchi di verde, di solito provvisti dei tipici
ristoranti tedeschi). Inoltre, il Venerdì è prassi
accorciare la giornata lavorativa, quando possibile, e
immediatamente partire verso uno dei numerosi laghi o
montagne nelle vicinanze. Questo concetto si fonde con
la forte cultura cattolica radicata nel luogo, portando,
ad esempio, alla chiusura obbligatoria di qualsiasi attività commerciale la domenica (a parte ristoranti,
bar e cinema), e all´avere il più alto numero di feste
pubbliche tra tutti i Bundesländer tedeschi. Inoltre, i
livelli di sicurezza, i diversi incentivi che si hanno
in caso di matrimonio e figli, l´offerta lavorativa ben
retribuita la rendono, a mio parere, un'ottima città
dove vivere.
Nella tua
breve ma intensa e brillante carriera di studioso e
ricercatore hai vissuto in realtà decisamente diverse da
Giulianova. Che sensazioni ne trai?
Si, ho vissuto
per un breve periodo in Svezia, poi in Olanda e infine ora
a Monaco in Germania Ma la città dove sei cresciuto
rimane sempre nel cuore, specialmente se bella come
Giulianova. Per ora riesco a tornare un paio di volte
l´anno, di cui una sempre d´estate. Ė bellissimo
ritornare e vedere la città che lentamente cambia anche
se rimane sempre la stessa. Mi fermo a volte sia a
vedere il Liceo Scientifico "Marie Curie" o la Scuola
Media "V. Bindi", dove ho trascorso dei bellissimi anni.
Personalmente, amo l´esplorazione e adoro immergermi in
città e culture nuove, e tendo a non fermarmi in un
posto per un
periodo troppo lungo. Ora sono ormai da 4 anni
a Monaco, ma già penso a possibili cambi per i prossimi
anni, forse in Svizzera, chissà. Tuttavia, penso sia
necessario avere sempre un punto fermo che puoi chiamare
casa e ritornare sempre quando ne avverti il bisogno.
Sei figlio di
un ex calciatore delle giovanili del Giulianova e di una
ex consigliera comunale. Calcio e politica sono il pane
quotidiano nella nostra città. Tu ne sei rimasto
contagiato? E in che misura?
Da qualche parte ho ancora decine e decine di magliette
e pantaloncini del Giulianova che papà mi riportava
quando ero piccolo, e le conservo come una reliquia. E
mi ricordo bene il periodo di mamma come componente del
consiglio comunale, è stata una novità assoluta e sono
stato molto felice per lei. Diciamo che io sono forse
una mosca bianca, visto che mi sono interessato al
calcio (ma anche allo sport in generale) non da subito e
non ho mai avuto alcuna inclinazione a livello
politico, anche se negli ultimi tempi mi sento in dovere
di avere gli occhi aperti per ciò che accade nel nostro
governo.
Quali sono,
allora, le tue vere “passioni”?
Personalmente, amo cucinare e sbizzarrirmi
provando ricette nuove, e fare attività fisica quando
possibile. Sono da sempre un appassionato di pugilato,
attività che ho intrapreso per diversi anni a livello
amatoriale sia a Perugia che a Giulianova, con l´Accademia Pugilistica Giuliese. Amo anche la
tecnologia in generale, e mi piace leggere e informarmi
riguardo le ultime scoperte in campo sia meccanico che
elettronico. Sono anche un grande lettore di libri, tra
tutti gli autori il mio preferito è sicuramente Stephen
King, anche se ultimamente ho perso un po' il piacevole
hobby della lettura a causa degli impegni lavorativi.
A proposito,
segui il Bayern, fresco campione d’Europa e superpotenza
calcistica?
Difficile non
accorgersi del Bayern München. Soprattutto quando gioca
in casa le strade sono, o meglio erano, prima della
pandemia, affollatissime
di tifosi diretti allo stadio o ai vari pub per
assistere alla partita. Seguo il Bayern solo
parzialmente ma ho
colleghi che sono tifosi sfegatati, anche loro
ormai abituati allo strapotere che esercita la squadra sia in Bundesliga che in Europa. Ho avuto
comunque la fortuna di
assistere ad una partita del Bayern nella famosa Allianz
Arena di Monaco, grazie ad un generoso regalo da parte
dei miei colleghi per il mio compleanno. Un´esperienza
bellissima, che assolutamente rifarei, non fosse per i
biglietti che sono sempre introvabili.
E il
Giulianova, seppure a distanza?
Diciamo che
ultimamente ho perso un po' i contatti con il Giulianova
calcistico, so però che ha attraversato momenti
difficili e spero ritorni presto al pari del suo passato
di alto livello. Uno dei ricordi più belli che conservo sono
le trasferte con i miei genitori e mia sorella
al seguito del Giulianova in giro per l´Italia,
che credo rappresenti un po' l´essenza stessa del calcio
come concetto.
La domanda
canonica di chiusura ai giuliesi nel mondo è: se dico
Cupola di San Flaviano cosa ti viene in mente d’acchito?
Mi vengono in
mente la Festa del 22 Aprile, le “nocelle” appena
tostate, le giostre e tutta la bellezza di Giulianova
Paese. Spero presto che si ritorni a celebrare la Festa
della Madonna dello Splendore come un tempo, magari chissà
forse già l´anno prossimo.
Vorresti aggiungere altro che
non ho sollecitato con le mie domande?
Credo davvero
che con le tue domande hai toccato tutti i punti più
importanti del mio percorso, sia professionale che
privato. Ti volevo quindi ringraziare vivamente per
avermi dato questa opportunità. Un unico appello mi
sento di fare, e sfrutto questo spazio se possibile.
Cerchiamo di stare attenti ed evitiamo di cadere nelle
trappole delle fake news, che oggi più di sempre ci
tartassano da ogni angolo. Distinguere notizie false
dalle vere sembra ogni giorno più difficile soprattutto
in campo medico, e maturare il giusto senso critico può
richiedere tempo e studio. Credo che affidarsi ai
professionisti del settore (siano essi medici,
farmacisti, biotecnologici, etc..) e tralasciare ciò che
si legge su internet o youtube sia però il primo passo
importante da fare.
(foto poste a disposizione
da Matteo Patrini, che ringraziamo)
Testata
giornalistica iscritta al n° 519 del 22/09/2004 del Registro della
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