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Numero 16 - Ottobre
 
il profilo
 

 
Matteo Petrini è nato a San Benedetto del Tronto nel 1988 ma   ha vissuto sempre a Giulianova fino alla maturità scientifica al Liceo "M. Curie". Successivamente, si è trasferito a Perugia dove nel 2015 ha conseguito la Laurea Magistrale in Chimica e Tecnologica Farmaceutica, con il massimo dei voti. La passione per la ricerca lo ha spinto già prima di conseguire la Laurea ad effettuare un periodo di ricerca in un laboratorio internazionale attraverso il bando Erasmus. Grazie a questa borsa di studio, ha vissuto «sei meravigliosi mesi» a Karlstad in Svezia nel 2013,  prima esperienza lavorativa in una lingua e in un paese straniero. Subito dopo la Laurea, Matteo ha sostenuto e superato l´esame per ottenere la licenza da farmacista, «ma la passione per la ricerca mi ha portato su una strada diversa», sostiene. Ha così ottenuto un´altra borsa di studio per una internship a Rotterdam, lavorando in ambito pre-clinico su varie forme di leucemie e la loro causazione con l´over-espressione di alcuni tipi di geni. Il periodo a Rotterdam ha rappresentato una grande svolta per Matteo, in quanto gli ha consentito di conoscere diversi Professori che gestivano interessantissimi gruppi di ricerca, e ha iniziato così a creare il suo network. Portato a compimento il contratto a Rotterdam, ha accettato un´offerta di lavoro come ricercatore nella Clinica Universitaria Grosshadern di Monaco di Baviera e qui ha focalizzato la ricerca sul miglioramento di varie terapie oncologiche utilizzando la nanomedicina e sistemi di rilascio (drug delivery). Al termine del periodo di ricerca, nel 2018, ha ottenuto il Dottorato dalla prestigiosa Ludwig-Maximilians Universität (LMU) di Monaco di Baviera e il giorno dopo ha firmato un contratto a tempo pieno come associato con una Biopharm start-up di Monaco, la Thermosome, la compagnia con la quale lavora tutt´ora. Le positive esperienze di ricercatore gli sono valse  promozioni a raffica, l´ultima delle quali, nel Gennaio 2020, gli ha assicurato la qualifica di capo del dipartimento di Ricerca e Sviluppo dell'azienda. Si tratta di una posizione con diverse responsabilitá, tra le quali anche la supervisione e direzione di un team di 8 persone tra tecnici e ricercatori. Nel 2019 il suo gruppo di ricerca ha ottenuto finanziamenti di diversi milioni per continuare lo sviluppo di alcune di queste formulazioni, grazie ad un progetto nato come spin-off della sua tesi di dottorato. Inoltre, questo e´un periodo molto importante, visto che tra un anno inizieremo finalmente a testare alcune formulazioni su pazienti oncologici, in trials clinici combinati tra la Clinica Universitara Grosshadern di Monaco e l´Ospedale Charite di Berlino. «Sono sicuro che questo sará un punto di svolta importante per la compagnia dove lavoro, con la potentzialitá di portare un ulteriore significativo arrichimento delle diverse terapie disponibili per combattere le patologie tumorali», la chiosa incoraggiante di Matteo.
 

 

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ATTUALITA'
giuliesi nel mondo 2020

 

di Ludovico Raimondi
 
Ricercatore farmaceutico a Monaco di Baviera
 

Matteo Petrini e la curiosità di scoprire il farmaco anti-cancro

 

Matteo Petrini nel laboratorio principale di Thermosome, intento a lavorare con una formulazione di recente sviluppo

 
ottoBRE 2020 - La curiosità. E' l'appassionante curiosità, per citare un certo Albert Einstein, il motore turbo acceso nel cuore e nell'anima del giovane giuliese Matteo Patrini, ricercatore a Monaco di Baviera. Laurea in Chimica e Tecnologia Farmaceutica in tasca, Matteo, a soli 32 anni, è Capo del Laboratorio dell'emergente azienda farmaceutica Thermsome e si occupa, insieme ad un gruppo di lavoro di cui è supervisore e direttore, della ricerca sullo sviluppo di formulazioni pre-cliniche e la loro translazione clinica in ambito oncologico.

L'obiettivo finale della ricerca, in sostanza, è quello di produrre un farmaco capace di ridurre i drastici effetti collaterali delle attuali chemioterapie, comprese quelle utilizzate nelle patologie particolarmente complesse come i tumori pancreatici e mammari.

Riposta nel cassetto la prospettiva del lavoro di farmacista per la curiosità della ricerca, Matteo sta bruciando le tappe della sua formazione e della sua carriera, non senza avere attraversato con coraggio e determinazione le prime dure prove della vita, e ora, a buon diritto, va annoverato tra i "figli"  di cui "mamma" Giulianova può menare vanto e orgoglio.  

Una bella foto di famiglia: Matteo festeggia il suo 30° compleanno con mamma Silvia, la sorella Helena e papà Raffaele, per gli amici "Lello"

Matteo, Capo del Laboratorio di Thermosome, un ruolo di prestigio e responsabilità in una importante azienda farmaceutica. Quale l'origine di questo tuo mondo professionale?

Io sono curioso di indole e animato dalla passione per la ricerca. Il mio passatempo preferito da bambino era quello di smontare i giochi che possedevo per vedere come erano fatti dentro. Un'attitudine che mi porta anche ad amare, vedere e conoscere posti nuovi, esplorare culture e paesi stranieri e arricchire il mio bagaglio personale.

Ci puoi illustrare il tuo lavoro?

Sono in pratica addetto alla supervisione e gestione di qualsiasi progetto di ricerca e sviluppo (R&S) che la mia compagnia abbia intenzione di intraprendere. E´un lavoro assolutamente stimolante che mi che mi ha portato a girare l´Europa e l´America per scopi lavorativi grazie a diversi progetti di ricerca con altre aziende farmaceutiche. A differenza del mondo accademico, ci focalizziamo prettamente su progetti ad alto potenziale di sviluppo clinico, e contemporaneamente, cerchiamo di terminare progetti con minima possibilità di translazione il prima possibile, anche se altamente interessanti a livello scientifico. Questo per cercare di tenere in positivo il bilancio tra risorse (input) e obbiettivi da raggiungere (output), che a livello industriale è il parametro più importante. Come si dice di solito in ricerca industriale, “Fail Early, Fail Fast” (fallisci presto, fallisci veloce), che racchiude il concetto principale in campo di ricerca industriale. Questo si può comprendere ancora di più se si pensa che un ricercatore in R&S può costare fino a 200 mila Euro l´anno (tra stipendio, materiali di consumo, corsi di formazione, etc..), e il costo medio per l´immissione di un farmaco in commercio si aggira intorno a 1 miliardo di Euro. Considerando che circa il 90 % di tutti i progetti sono destinati a fallire, fallire ad uno stadio precoce porta la salvezza di una quantità enorme di risorse.

Puoi entrare più nel dettaglio, con parole semplici, sulla ricerca portata avanti dal vostro gruppo?

Lavoriamo esclusivamente su “sistemi di rilascio” che permettono di indirizzare alcune tipologie di farmaco dove richiesto, e minimizzare cosi gli effetti collaterali. In particolare, utilizziamo delle nanoparticelle, prodotte nel nostri laboratori, che possono incapsulare al loro interno farmaci altamente tossici, come ad esempio i chemioterapici. Successivamente, queste nanoparticelle vengono amministrate al paziente per infusione, cosi come viene effettuata la somministrazione di alcuni chemioterapici. Le nanoparticelle, grazie alle loro dimensioni (sono molto più piccole di un globulo rosso) possono circolare liberamente nel nostro organismo e sono studiate per essere biocompatibili al cento per cento. In questo caso, però, il farmaco non è libero di circolare all´interno del nostro organismo, poichè costretto all´ínterno di queste nanoparticelle, che schermano così organi importanti come cuore, intestino, reni, e i vari tessuti epiteliali. In questo modo, proteggiamo questi distretti dalla drastica azione del farmaco, e allo stesso tempo, attraverso un meccanismo specifico delle nanoparticelle, queste ultime si accumulano nella zona target, quindi a livello di una patologia tumorale. In pratica, attraverso questo sistema, cerchiamo di migliorare la terapia farmacologica di un paziente oncologico attraverso due sistemi principali: primo, la riduzione di effetti collaterali causati dalla somministrazione del farmaco libero, e secondo il miglioramento della terapia sfruttando la funzione “target” delle nanoparticelle.

 

Matteo Patrini (secondo da destra) e parte del team di Ricerca e Sviluppo di Thermosome

 

Qual è il campo specifico, ovvero le patologie, dei vostri studi e della vostra attività di ricerca?

Come già accennato, lavoriamo specialmente con farmaci che hanno uno spettro d'azione molto ampio e quindi possono portare a diversi effetti collaterali. Nello specifico, ci focalizziamo sullo studio di farmaci chemioterapici per terapie oncologiche, che successivamente vengono encapsulati all´interno delle nostre nanoparticelle. Per ora, ci siamo specializzati prettamente per la cura di sarcomi, tumori dei tessuti molli, che hanno una morfologia molto particolare e “soffrono” di solito di diagnosi tardive poichè difficilmente diagnosticati nella loro fase iniziale. Il primo trials clinico con la nostra formulazione inizierà l´anno prossimo proprio su pazienti affetti da sarcoma, e abbiamo già in mente successivamente di ampliare l'utilizzo della nostra tecnologia anche ad altre patologie tumorali molto ostiche, come il carcinoma pancreatico o mammario.

In Puglia un gruppo di ricercatori dell'Istituto De Bellis di Castellana ha scoperto la proteina che ripara il dna delle cellule cancerogene e si potrà evitare la chemio nella cura dei cancri al seno, colon, ovaio e pancreas. Sarà il farmaco, in definitiva, la cura meno invasiva e risolutiva del cancro?

Ho letto con molto interesse la recente pubblicazione del Professor Cristiano Simone, a capo del gruppo di ricerca che ha effettuato questa prestigiosa scoperta tutta italiana. Effettivamente, la scoperta di nuovi “target” da poter utilizzare per lo studio e sviluppo di nuovi farmaci mirati per alcune tipologie di cancro è una delle vie che potenzialmente, più di tutte, può portare alla genesi di nuove e importanti armi nel nostro arsenale contro le varie patologie tumorali. A loro pari, mi sento assolutamente di citare l´immunoterapia, che negli ultimi anni ha fatto passi da gigante grazie a nuovi farmaci recentemente immessi nel mercato. Questi farmaci non funzionano come i classici chemioterapici, infatti non hanno nessun effetto contro le cellule tumorali (né contro le cellule sane, hanno quindi un profilo molto meno invasivo). La loro azione è invece mirata contro le cellule del nostro sistema immunitario (i famosi globuli bianchi) che vengono così attivati e muniti di specifiche funzioni da utilizzare contro le cellule tumorali. In questo modo, il nostro stesso sistema immunitario viene rafforzato e lavora attivamente per la distruzione del cancro, con diversi vantaggi comprovati in diverse tipologie. In ultimo, dobbiamo ricordare che l´arma che abbiamo più efficace contro le varie patologie tumorali è la diagnosi precoce. Anche in questo campo sono stati fatti enormi passi in avanti negli ultimi anni, e l´immissione di vari screening in routine clinica (sia con mezzi diagnostici che con analisi di specifici biomarkers) ha promosso la possibilità di effettuare diagnosi precoci su diverse patologie tumorali, con un incremento significativo dei tassi di sopravvivenza.

Il caso pugliese rappresenta una speranza di adeguato sostegno alla ricerca anche in Italia e quindi uno spiraglio per evitare la fuga di cervelli all’estero?

Il gruppo del Professor Simone, così come tanti altri nel nostro Paese, sono l´esempio lampante che il livello della ricerca scientifica il Italia non ha nulla da invidiare a quelli di paesi esteri. Questo soprattutto grazie ad un´istruzione universitaria di primo livello, al di sopra della media europea. Poi, però, il cerchio non si chiude, visto che non riusciamo ad utilizzare il pieno potenziale dei neolaureati che formiamo, che quindi cercano “fortuna” altrove. Basti pensare che i più famosi finanziamenti alla ricerca europea sono garantiti dall´ente ERC, e tantissimi ricercatori italiani ogni anno si aggiudicano gran parte di questi fondi. Pochissimi, tuttavia, decidono di solito di utilizzare tali fondi in Italia, preferendo paesi più competitivi come Olanda, Germania, Regno Unito o USA. Credo che questo sia soprattutto dovuto alla mancanza di un sistema che possa invogliare grandi aziende ad investire nel nostro paese, molte volte scoraggiati da una burocrazia infinita o dalle solite raccomandazioni della baronia universitaria, una patologia nostrana.

 

Matteo, dopo aver difeso la sua tesi di Dottorato, in posa con il Professor Lars Lindner, a capo del gruppo SarKUM nel dipartimento di Oncologia del Policlinico Grosshadern, supervisore della sua tesi. Come usanza, i nuovi Dottorandi devono indossare un cappello fatto a mano dai propri colleghi dopo la cerimonia di premiazione.

 

 

 

 

Credi nella meritocrazia?

Credo che la meritocrazia sia alla base di una qualsiasi società liberale che vuole crescere in maniera sana. Quindi sì, credo assolutamente nella meritocrazia come sistema necessario da applicare in qualsiasi campo economico e politico, anche se sono conscio che a volte viene sopraffatta da amicizie, raccomandazioni, status individuale o classe sociale. Personalmente, non credo di essere stato mai affetto da nepotismo o privilegi di classe, quindi mi ritengo molto fortunato finora, anche se ho sentito diverse storie di questo stampo, soprattutto in campo accademico. Credo fortemente che una persona di talento nella società di oggi riuscirà prima o poi a realizzarsi, anche sbattendo un po' la testa contro infinite porte chiuse, finche troverà il beneamato portone ben spalancato. Accanto alla tenacia, ci vuole anche un po' di fortuna, come dice il famoso proverbio “audentes fortuna iuvat” (la fortuna aiuta chi osa),

Le case farmaceutiche sono spesso nell’occhio del ciclone per potenza o potere economico. Questo garantisce comunque le adeguate risorse per la ricerca?

Le aziende farmaceutiche sono in primis aziende, e l´occhio al bilancio è uno dei punti critici per il loro sviluppo e crescita. Questo, insieme al fatto che producono prodotti come i medicinali, beni “particolari” il cui prezzo segue una precisa regola supervisionata da organi come la FDA (in USA) or l´EMEA (in Europa). Sono proprio questi organi (e le loro succursali nazionali, come l´AIFA in Italia ad esempio) che regolano importanti step come l´autorizzazione all´immissione in commercio di un nuovo farmaco, criteri di inizio o terminazione di studi clinici, o la rimozione di un farmaco perchè ritenuto non sicuro. Lo studio e lo sviluppo di un farmaco può aggirarsi a cifre ben superiori ad 1 miliardo, e molti di questi farmaci in via di sviluppo non verranno mai autorizzati per la produzione in commercio, poichè falliscono in fasi tardive. Questo fa sì che l´azienda deve tornare nei propri costi attraverso la vendita dei farmaci di successo, i cosiddetti blockbuster. Questi ultimi sono il vero e proprio sostentamento dell´industria farmaceutica, e permettono di reinvestire parte del loro guadagno in ricerca e sviluppo per nuovi blockbuster (secondo alcune recenti valutazioni, fino al 15% del reddito netto). Questo è un ciclo che si autoalimenta e che si sostiene di fatto sul bilancio netto fra entrate e reinvestimenti: più un'azienda farmaceutica sarà in attivo, più cercherà di spostare capitali nei vari dipartimenti di ricerca e sviluppo.

Lavorare per una casa farmaceutica è più gratificante, anche dal punto di vista dei risultati, rispetto alle strutture ospedaliere e pubbliche?

Nel mio periodo di dottorato ho lavorato nel Policlinico Grosshadern di Monaco di Baviera, mentre ora a Thermosome sento il fermento di lavorare in un'azienda farmaceutica in continua crescita. Devo dire che sono due mondi completamente diversi, e a parte ciò che è già stato accennato in base alle differenze di priorità fra il settore industriale e quello pubblico/accademico, altre differenze che ho notato sono in relazione alla dinamicità dell´ambiente lavorativo e alle diverse funzioni. A Thermosome, ho scoperto un altro mondo, oltre la ricerca di base, che è formato dalla coesione di diversi dipartimenti, come quello di produzione, di marketing e quello puramente clinico, che devono andare d´accordo e coesistere nelle diverse fasi. Abbiamo diversi meeting settimanali, e il lavoro, anche se più di scrivania, è molto stimolante perchè non ti affacci solo nell´ambito della ricerca ma anche con professionisti di altri settori. Inoltre, l´azienda è di piccole dimensioni, perciò si è a contatto diretto nei diversi campi creando una palestra ideale per una formazione a 360 gradi.

L’azienda per la quale lavori è in qualche modo coinvolta nella ricerca per la scoperta del vaccino anti-Covid 19?

No, lavoriamo su campi completamente diversi. Nel campus biomedico dove siamo situati ci sono diverse aziende che lavorano in materia di vaccinazioni per il Covid 19. Spero vivamente che tutti questi sforzi congiunti a livello internazionale porteranno presto allo sviluppo di un vaccino efficiente per questo virus.

A proposito della pandemia. In Italia si dibatte molto sulla bassa percentuale di decessi e ricoveri in terapia intensiva registrati in Germania in rapporto all’alto numero di contagi. In effetti qual è la spiegazione?

Sì, ricordo bene, erano gli inizi di Marzo e ricordo che ogni giorno comparavo le percentuali di decessi tra Germania e Italia, notando questa drastica differenza. All´inizio ricordo si era anche ipotizzato che in Germania non si facessero abbastanza tamponi o che si contassero i decessi in maniera diversa rispetto all´Italia. Dopo varie discussioni con diversi miei colleghi, ho compreso che non erano le reali spiegazioni. In realtà, un dato interessante che non era stato riportato dai media ai tempi, è che in Germania la media degli infettati era di circa 20 anni più giovane di quella italiana. Ciò ha fatto sì che in Germania la maggior parte degli infettati avesse un percorso clinico meno grave, poichè più lontano dalla fascia reputata a rischio. Il motivo ancora non si è appurato al 100%, ma si suppone una separazione più netta fra giovani e anziani, dovuto al fatto che i giovani sono più portati ad uscire ed essere piu “autonomi”. Non so se questa sia la reale spiegazione, ma di fatto in Germania non si è sentita assolutamente una crisi così grave come quella in alcune parti in Italia, a cui va tutto il mio cordoglio. Sono inoltre davvero contento che il governatore della Baviera, Markus Söder, abbia deciso, anche in caso di non emergenza assoluta (visto che i numeri non erano cosi gravi come in Italia), di provvedere ad una chiusura preventiva a marzo/aprile. Questo per evitare una possibile impennata dei casi con possibile saturazione del sistema sanitario, che di fatto non è mai avvenuta.

Restando in tema, Monaco è la città dell'Oktoberfest che quest’anno è stata annullata proprio a causa del coronavirus. Può rappresentare, pertanto, la città-simbolo del controverso dilemma “lockdown o no lochdown”?

L´annullamento dell´Oktoberfest è stato di sicuro un duro colpo, non tanto per il mancato guadagno, ma proprio per ciò che rappresenta per la città. Se non ricordo male, la festa dell´Oktoberfest à stata annullata solo un altro paio di volte dalla sua prima edizione nel lontano 1810, per ragioni come conflitti mondiali o pandemie. Per questo, l`annullamento dell´Oktoberfest di quest´anno è un chiaro sintomo della grave situazione che stiamo affrontando e, personalmente, rispetto la coraggiosa decisione del governo bavarese di provvedere a tal riguardo. Devo dire anche che questa decisione, così come il breve lockdown che abbiamo effettuato a Marzo (una versione light rispetto a quella italiana), sono sempre state prese molto a cuore dai cittadini tedeschi. Per mia esperienza, sebbene le decisioni del governo abbiano limitato le libertà personali per un periodo limitato, sono state sempre accettate come necessarie per il bene comune. Questo, insieme ad una informazione chiara ed univoca dal governo e non contornata da battibecchi televisivi fra i diversi esponenti politici, ha portato la Germania ad affrontare il periodo di lockdown in maniera lineare. Naturalmente, c´è chi ha sofferto più di altri, e qui la stretta si è sentita in maniera particolare su ristoratori e negozi a conduzione familiare che hanno potuto usufruire, insieme ad altri settori, dei diversi incentivi statali per la loro sopravvivenza.

Matteo con la compagna Teresa, bellezza italiana doc, nei tipici vestiti Bavaresi, Lederhosen per Lui e Dirndl per Lei

 

Monaco di Baviera è considerata una delle città più “potenti” della Germania. Tu come la vivi fuori dall’ambito lavorativo?

Fuori dal lavoro, ho diversi hobbies che coltivo anche con la mia compagna Teresa. Il primo tra tutti, fare centinaia di escursioni alla scoperta delle meraviglie della Baviera, fra castelli e montagne. Quando posso, cerco di tornare a casa dei miei genitori, che mi hanno sempre supportato in qualsiasi cosa facessi e a cui devo tanto. Un fatto curioso, i cittadini di Monaco la denominano comunemente come la “città Italiana più a Nord”, poichè ritenuta, fra tutte le città tedesche, quella con l´"anima" più italiana. Trovo che questo sia parzialmente vero, dal momento che si sente dietro ogni angolo la cultura e il rigore tedesco, che si unisce con l´amore che hanno i monacensi per il verde, le celebrazioni, la collettività e la voglia di vivere bene. Avevo timore all´inizio di arrivare in una città grigia, dove il lavoro e il rigore fossero i soli pilastri della società. Beh, non avrei potuto essere più in errore. Qui a Monaco, non c´è nulla di più importante di avere un ottimo rapporto fra vita lavorativa e familiare, e ogni momento è buono per rilassarsi in uno dei numerosi Biergarten (parchi enormi ricchi di verde, di solito provvisti dei tipici ristoranti tedeschi). Inoltre, il Venerdì è prassi accorciare la giornata lavorativa, quando possibile, e immediatamente partire verso uno dei numerosi laghi o montagne nelle vicinanze. Questo concetto si fonde con la forte cultura cattolica radicata nel luogo, portando, ad esempio, alla chiusura obbligatoria di qualsiasi attività commerciale la domenica (a parte ristoranti, bar e cinema), e all´avere il più alto numero di feste pubbliche tra tutti i Bundesländer tedeschi. Inoltre, i livelli di sicurezza, i diversi incentivi che si hanno in caso di matrimonio e figli, l´offerta lavorativa ben retribuita la rendono, a mio parere, un'ottima città dove vivere.

Nella tua breve ma intensa e brillante carriera di studioso e ricercatore hai vissuto in realtà decisamente diverse da Giulianova. Che sensazioni ne trai?

Si, ho vissuto per un breve periodo in Svezia, poi in Olanda e infine ora a Monaco in Germania Ma la città dove sei cresciuto rimane sempre nel cuore, specialmente se bella come Giulianova. Per ora riesco a tornare un paio di volte l´anno, di cui una sempre d´estate. Ė bellissimo ritornare e vedere la città che lentamente cambia anche se rimane sempre la stessa. Mi fermo a volte sia a vedere il Liceo Scientifico "Marie Curie" o la Scuola Media "V. Bindi", dove ho trascorso dei bellissimi anni. Personalmente, amo l´esplorazione e adoro immergermi in città e culture nuove, e tendo a non fermarmi in un posto per un periodo troppo lungo. Ora sono ormai da 4 anni a Monaco, ma già penso a possibili cambi per i prossimi anni, forse in Svizzera, chissà. Tuttavia, penso sia necessario avere sempre un punto fermo che puoi chiamare casa e ritornare sempre quando ne avverti il bisogno.

Sei figlio di un ex calciatore delle giovanili del Giulianova e di una ex consigliera comunale. Calcio e politica sono il pane quotidiano nella nostra città. Tu ne sei rimasto contagiato? E in che misura?

Da qualche parte ho ancora decine e decine di magliette e pantaloncini del Giulianova che papà mi riportava quando ero piccolo, e le conservo come una reliquia. E mi ricordo bene il periodo di mamma come componente del consiglio comunale, è stata una novità assoluta e sono stato molto felice per lei. Diciamo che io sono forse una mosca bianca, visto che mi sono interessato al calcio (ma anche allo sport in generale) non da subito e non ho mai avuto alcuna inclinazione a livello politico, anche se negli ultimi tempi mi sento in dovere di avere gli occhi aperti per ciò che accade nel nostro governo.

Quali sono, allora, le tue vere “passioni”?

Personalmente, amo cucinare e sbizzarrirmi provando ricette nuove, e fare attività fisica quando possibile. Sono da sempre un appassionato di pugilato, attività che ho intrapreso per diversi anni a livello amatoriale sia a Perugia che a Giulianova, con l´Accademia Pugilistica Giuliese. Amo anche la tecnologia in generale, e mi piace leggere e informarmi riguardo le ultime scoperte in campo sia meccanico che elettronico. Sono anche un grande lettore di libri, tra tutti gli autori il mio preferito è sicuramente Stephen King, anche se ultimamente ho perso un po' il piacevole hobby della lettura a causa degli impegni lavorativi.

A proposito, segui il Bayern, fresco campione d’Europa e superpotenza calcistica?

Difficile non accorgersi del Bayern München. Soprattutto quando gioca in casa le strade sono, o meglio erano, prima della pandemia, affollatissime di tifosi diretti allo stadio o ai vari pub per assistere alla partita. Seguo il Bayern solo parzialmente ma ho colleghi che sono tifosi sfegatati, anche loro ormai abituati allo strapotere che esercita la squadra sia in Bundesliga che in Europa. Ho avuto comunque la fortuna di assistere ad una partita del Bayern nella famosa Allianz Arena di Monaco, grazie ad un generoso regalo da parte dei miei colleghi per il mio compleanno. Un´esperienza bellissima, che assolutamente rifarei, non fosse per i biglietti che sono sempre introvabili.

E il Giulianova, seppure a distanza?

Diciamo che ultimamente ho perso un po' i contatti con il Giulianova calcistico, so però che ha attraversato momenti difficili e spero ritorni presto al pari del suo passato di alto livello. Uno dei ricordi più belli che conservo sono le trasferte con i miei genitori e mia sorella al seguito del Giulianova in giro per l´Italia, che credo rappresenti un po' l´essenza stessa del calcio come concetto.

La domanda canonica di chiusura ai giuliesi nel mondo è: se dico Cupola di San Flaviano cosa ti viene in mente d’acchito?

Mi vengono in mente la Festa del 22 Aprile, le “nocelle” appena tostate, le giostre e tutta la bellezza di Giulianova Paese. Spero presto che si ritorni a celebrare la Festa della Madonna dello Splendore come un tempo, magari chissà forse già l´anno prossimo.

Vorresti aggiungere altro che non ho sollecitato con le mie domande?

Credo davvero che con le tue domande hai toccato tutti i punti più importanti del mio percorso, sia professionale che privato. Ti volevo quindi ringraziare vivamente per avermi dato questa opportunità. Un unico appello mi sento di fare, e sfrutto questo spazio se possibile. Cerchiamo di stare attenti ed evitiamo di cadere nelle trappole delle fake news, che oggi più di sempre ci tartassano da ogni angolo. Distinguere notizie false dalle vere sembra ogni giorno più difficile soprattutto in campo medico, e maturare il giusto senso critico può richiedere tempo e studio. Credo che affidarsi ai professionisti del settore (siano essi medici, farmacisti, biotecnologici, etc..) e tralasciare ciò che si legge su internet o youtube sia però il primo passo importante da fare.

 
(foto poste a disposizione da Matteo Patrini, che ringraziamo)
 

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