LO SCHIACCIAPATATE
in alcune lavorazioni abruzzesi
Pescara,
4.8.2012 (Numero 9) -
Lo
schiacciapatate fa parte dei microoggetti della
quotidianità. Morfologicamente è di struttura
elementare. Si presenta come un sottile
mattoncino con due maniglie idonee a pressare, o
meglio a schiacciare le patate lesse per la
preparazione degli gnocchi.
La singolarità
della tecnica costruttiva lo rende
anatomicamente funzionale e trasforma l’oggetto
materiale in testimonianza culturale, perché in
essa si riflette la sensibilità dell’artigiano
che lo realizza e quella della popolazione
femminile che lo usa.
Il mio interesse
verso i microoggetti di fabbricazione
artigianale, con spiccate valenze popolari, non
scaturisce da ammirazione enfatica. Ha
unicamente valore di segnalazione. Sono convinto
che una più ampia conoscenza dei microoggetti di
produzione artigianale, specialmente di quelli
caduti in disuso, potrebbe agevolare la
comprensione della storia sociale legata agli
usi e alle tradizioni popolari e,
conseguentemente, ampliare le cognizioni sulle
costumanze di diversi ceti sociali abruzzesi.
Fino alla metà
del 1950 lo schiacciapatate, in Abruzzo, veniva
prodotto e richiesto, maggiormente, ai pignatari
e ai ceramisti.
Nel Museo di
Cerqueto di Fano Adriano (TE) si conserva anche
un antico esemplare in legno, dotato di un solo
manico da presa disposto sulla base schiacciate
in senso longitudinale.
La testimonianza
museale di Cerqueto attesta che lo
schiacciapatate era prodotto, in Abruzzo, anche
da fusari e da falegnami.
Attualmente,
tanto l’esemplare in ceramica quanto quello in
legno non hanno più futuro. Ormai appartengono
ad un artigianato scomparso. Rivivono, per
fortuna degli studiosi, nelle vetrine dei musei
e dei collezionisti.
Oggigiorno,
infatti, l’unico interlocutore è l’ industria
dell’utensileria casalinga, che lo produce in
alluminio e in acciaio inox in diverse e più
funzionali tipologie essendo dotate di stantuffo
pressorio, valenza tecnologica che ha in parte
deformato la primitiva morfologia e in parte
migliorato l’uso, essendo in grado lo stesso
oggetto di schiacciare le patate e di filare
pasta all’uovo e pasta bianca per ottenere
fusilli da sugo e pignoletti da brodo.
In passato, lo
schiacciapatate di ceramica, nonostante la sua
arcaica morfologia, era sempre in mostra in
cucina essendo dotato di tradizionali componenti
estetiche, tra le quali l’antico motivo del
mazzetto di fiori di campo, detto fioraccio.
Lo
schiacciapatate con il fioraccio dall’aspetto
festoso, e quelli con rametti fioriti
serpeggianti tra le scritte “Ricordi di San
Gabriele” (Cfr. Ceramica e tradizione tra
gli Abruzzi e le Marche, Martintype,
Colonnella, 1997), facevano bella mostra nelle
antiche piattaie insieme a piatti imperiali, a
raffinati boccali da vino e a luccicanti lucerne
di ottone. Infine, le marezzature dei manici
disposte anche lungo i margini a vista del
supporto pressorio rendevano vezzoso questo
microoggetto legato alla nostra arte popolare e
ai nostri usi culinari. |