Direttore  Responsabile Ludovico RAIMONDI

Collaboratore Vincenzo RAIMONDI

www.giulianovailbelvedere.it, sede legale a Giulianova (Te), Viale dello Splendore 12/a
Redazione
Opinioni
WebCam
Meteo
I ricordi
Fotogallery
Link vari
Attualità/Cultura

Radici dell'Artigianato Abruzzese

di Vito Giovannelli

 

Radici dell'Artigianato Abruzzese di Vito Giovannelli - Pescara, 1.9.2012 (Numero 13) - Per guardarsi dagli iettatori o da cose che possano arrecare sfortuna si dice toccaferro. ”Il ferro, infatti, è  il metallo più usato per la difesa” (cfr P.Toschi, Il folklore, Milano, Touring, 1967, p. 87). Il ferro è metallo efficace anche contro il malocchio ed è ritenuto valido, altresì, per proteggersi da alcune malattie. I Ferri di San Vito e il Ferro dello Zoccolo della Mula di San Domenico

nelle tradizioni popolari abruzzesi

 

Pescara, 1.9.2012 (Numero 13) - Per guardarsi dagli iettatori o da cose che possano arrecare sfortuna si dice toccaferro. ”Il ferro, infatti, è  il metallo più usato per la difesa” (cfr P.Toschi, Il folklore, Milano, Touring, 1967, p. 87). Il ferro è metallo efficace anche contro il malocchio ed è ritenuto valido, altresì, per proteggersi da alcune malattie.

Nel teramano, a Cerqueto di Fano Adriano, si usavano “ i ferri di san Vito per la cura del mal di denti” (cfr. Aa  Vv, Tradizioni a Cerqueto,Teramo, Regione Abruzzo, Deltagrafica, 1983, fig. 134)

In Ciociaria, ad Arpino, i ferri di san Vito “guarivano dalla rabbia degli uomini e degli animali” (cfr. P. Toschi, op. cit., ivi).

Nell’aquilano, a Cocullo, il ferro  dello zoccolo della mula di san Domenico “usato fino alla fine del ’50 come amuleto propiziatorio veniva anche conficcato nel muro interno della casa,  per tenere lontano disgrazie e influssi stregoneschi” (cfr. Lia Giancristofaro (a cura di ), Il rituale di san Domenico a Cocullo, Ed. Rivista Abruzzese, Brandolini, 2007, p. 126).

In questa sede non mi soffermerò sulle problematiche relative alla superstizione, pur sapendo che trattasi di  “fenomeno di portata immensa che  interessa la psicologia, la morale, la religione e il folclore” (cfr. Paolo Toschi, Lei ci crede?, Torino, Eri, 1968, p.6).

Punterò la mia attenzione sulle valenze artigianali di questi oggetti, apparentemente senz’uso e senza significativi valori estetici.

Eppure, secondo il popolino, avevano il potere di essere medicamentosi, se accortamente tenuti in acqua calda abbondantemente salata (notizia avuta dal fabbro Raffaele Di Prinzio, da Guadiagrele)  e, nello stesso tempo, di poter essere malefici, secondo il principio della magia contagiosa, specialmente se bagnati più volte con aceto rosso, prima di compiere sortilegi (dall’intervista a Raffaele Di Prinzio).

Certamente, i ferri che sto analizzando appartengono alle tradizioni popolari abruzzesi, ma a livello locale questi oggetti  non mi risulta siano stati studiati. Mancano ancoraggi sicuri. Quindi è  rischioso avanzare ipotesi sulla loro genesi o supporre che possano contenere sedimenti di passate civiltà manifatturiere.

Oggi, conseguentemente, nessuno studioso potrebbe asserire se nella loro morfologia siano rintracciabili  tradizioni artigianali e valenze stilistiche risalenti a tempi lontani. Né assicurare che possa trattarsi di oggetti derivanti da lavorazioni a noi più vicine.

Attualmente, davanti ai ferri di san Vito e allo zoccolo della mula di san Domenico gli studiosi restano interdetti. E’ assurdo, infatti, ritenerli oggetti medicamentosi e propiziatori.

Nonostante il  loro figurativismo sia elementare, la loro elementarità mi sembra meritevole di qualche riflessione. Certamente,sono oggetti di manifattura primordiale, ma la loro arcaica struttura non credo possa essere confusa  con l’infantilismo operativo dell’apprendista di bottega o possa essere ritenuta frutto di abbozzi embrionali di artigiani inesperti.

I ferri di san Vito (impiegati rispettivamente uno per l’arcata dentale superiore, l’altro per quella inferiore) sono stilizzati. Sono intrisi di valori lineari e curvilinei su entrambi i  pezzi che compongono la coppia e non risultano superlavorati.

Le verghe usate, in piccola parte  ritorte e curvate  per creare risvolti in grado di aumentare l’effetto della tridimensionalità, interrompono la rigidezza lineare che spingerebbe questi ferri legati alle tradizioni verso forme senza pregi figurativi e senza rilevanze manifatturiere.

Va aggiunto, infine, che sono oggetti privi di valenze coloristiche e dì vernice  protettiva (antiruggine) per non svalutare o, addirittura, annullare il loro probabile effetto medicamentoso. Il ferro, infatti, come ritiene la popolazione superstiziosa, deve stare a contatto della pelle se si vogliono ottenere  effetti salutari o malefici.

  Vito Giovannelli / www.fondazione-vito-giovannelli.com

Chi è Vito Giovannelli

 
Numero 12 (25.8.2012)
I sorbettieri di Canosa Sannita
Numero 11 (19.8.2012)
Il Calamaio dei banchi di scuola
Numero 10 (11.8.2012)
I costruttori di trabocchi
Numero 9 (4.8.2012)
Lo schiacciapatate
Numero 8 (28.7.2012)
La Vozza di S. Antonio
Numero 7 (21.7.2012)
Il sordino della mosca
Numero 6 (14.7.2012)
Attizzafuoco e Furcinone
Numero 5 (7.7.2012)
Il Poculo
Numero 4 (30.6.2012)
Trabocchi e caliscinni in Abruzzo e a Giulianova
Numero 3 (23.6.2012)
La sedia di San Pietro
Numero 2 (16.62012)
Dal cannizzo di  Giulianova ai cannizzari della costa dei trabocchi
Numero 1 (9.6.2012)
Il calice di Cesacastina di Crognaleto
 

  Testata giornalistica iscritta al n° 519 del 22/09/2004 del Registro della Stampa del tribunale di Teramo