Pescara,
29.9.2012 (Numero 15) -
Oltre al ricco apparato decorativo di carattere
antropomorfo e zoomorfo, i ceramisti abruzzesi,
come pure quelli di altre regioni, hanno fatto
ricorso, per l’ornamentazione del loro
vasellame, anche all’intreccio di motivi
fitomorfi ed eteromorfi impiegati, soprattutto,
sulle tese di tutte le tipologie di piatti
dipinti a mano.
Durante le ricerche su alcuni partiti decorativi
di maggior impiego quali il decoro a fioraccio,
il decoro a la buranella, il decoro a quartieri,
a tovaglia e a “rosaspina” ho rinvenuto
sufficiente letteratura e iconografia.
Per quanto riguarda la decorazione con la
margherita, più nota tra i ceramisti del centro
Italia con il nome di “ decorazione a tacchiolo”
e ai ceramisti del nord come “decoro a Blanser”
è stato l’esatto contrario.
Ho ritrovato, infatti, abbastanza iconografia e
solo due notizie: una letteraria e l’altra
raccolta durante la ricerca sul campo.
La notizia letteraria l’ha offerta lo studioso
Giovanni Ciarrocchi,(cfr. Ceramiche d’uso
comune e popolari nelle Marche tra il XVIII
ed il XX secolo, in Antica ceramica da
tavola nella tradizione popolare, Acquaviva
Picena, Fast Edit, 2003); quella sul campo l’ha
fornita il ceramista di Rapino Andrea Bontempo,
“mio provvidenziale informatore”, come ebbi a
scrivere nel 1994 (cfr. Vito Giovannelli, I
galletti con il fischio delle botteghe di Rapino,
Francavilla al mare, Ed. Amministrazione
Comunale,1994).
“Per noi ceramisti di Rapino la decorazione a
tacchiolo è solo quella fatta con composizione
di margherite. Per i figuli di altre regioni, ma
anche di Castelli e di Palena, invece, nel
decoro a tacchiolo possono rinvenirsi anche
altri fiori. Così facendo si ritorna al
fioraccio”(intervista ad Andrea Bontempo,
febbraio 1994).
La notizia fornita dal cav. Bontempo venne
confermata dal torniante Renato Di Federico e
dal ceramista Beniamino Vitacolonna, entrambi
della scuola di Rapino.
Il cav. Andrea Bontempo riferì anche che la
decorazione a tacchiolo aveva avuto
considerevole sviluppo nelle Marche. Il ricordo
dell’anziano ceramista risultò puntuale.
Si vedano, ad esempio, le opere di Pia
Piovaticci, di Maria Mancini, di Gabriella
Molaroni e di Marcella Molaroni, artigiane della
rinomata ditta Francesco Molaroni (cfr. Lorenzo
Loreti-Igor Loreti,Ceramiche Artistiche Molaroni,
Milano, Mariotti,1998) e quelle di ceramisti
anonimi operanti nelle botteghe dei Paci e dei
Matricardi, di Ascoli Piceno ed in quella dei
Casali e Callegari, di Pesaro.
Come la decorazione a fioraccio anche quella a
tacchiolo si presenta con policromia vivace e
festosa sia nelle versioni figurative sia in
quelle stilizzate, nelle quali è possibile
rinvenire slittamenti verso gusti decorativi
colti o semicolti.
In Abruzzo, la decorazione a tacchiolo si
rinviene dipinta e modellata. Tra il 1920 e il
1930, infatti, a Rapino, nella bottega dei
Bozzelli, furono modellate a tuttotondo
margherite per la composizione di lampadari a
uno o due ordini di accensione (cfr. Maria
Augusta Baitello, Raffaele e Luigi Bozzelli-
dalla tradizione ceramica di Rapino alla
sperimentazione contemporanea, 1816-2000,
Pescara, ECA (Edizioni Comunicazioni
Adriatiche,2010).
Sotto il profilo compositivo la margherita
dipinta si ritrova distesa a motivi continui, o
a mazzolini sparsi in vario modo . Spesso, la
tipologia dipinta si presenta con stilizzazioni
calligrafiche marcatamente geometriche.
Tra le soluzioni calligrafiche la più diffusa è
quella che riproduce la margherita schematizzata
in quattro, in sei, in otto o in dodici petali.
La decorazione a tacchiolo, nelle forme più
arcaiche, risale al XV secolo. Gli esemplari
quattrocenteschi sono presenti in alcuni
esemplari del museo di Nove, del museo Sartorio
di Trieste, del museo internazionale di Faenza e
del museo civico di Pesaro.
In Abruzzo, la tipologia a tacchiolo si rinviene
nel soffitto della chiesa di san Donato, di
Castelli ed è presente, in varie forme, anche
tra le maioliche cinquecentesche della
produzione Orsini-Colonna.
Tra questa significativa produzione castellana
vanno ricordati, soprattutto, i coperchi del
vasellame a forma chiusa sui quali la
margherita, variamente stilizzata, è inserita a
tutto campo. Va detto che nel caso specifico dei
coperchi la decoratività è prevalente sulla
funzionalità (cfr. Aa Vv, Le maioliche
Cinquecentesche di Castelli, Pescara,
Carsa,1989).
Allo stato attuale delle conoscenze non è stato
ancora scoperto da dove deriva il nome di
decorazione a tacchiolo e di decorazione Blanser.
La domanda nasconde affascinanti dubbi e crea
incertezze. Forse, tacchiolo è il cognome di un
ceramista marchigiano e Blanser quello di un
figulo altoatesino. Forse, tacchiolo deriva
dalla vallata viterbese del Tacchiolo posta tra
Bomarzo e Goriano nel Cimino, vallata rinomata
per la fioritura delle sue margheritine. |