Pescara,
13.10.2012 (Numero 17) -
Nella ceramica
abruzzese si rinviene una tipologia decorativa
sezionata a quartieri. Molte ceramiche di
Rapino, di carattere popolare, recano, più di
altre scuole locali e italiane, la decorazione a
quartieri.
Il cav. Andrea
Bontempo, ceramista di Rapino, affermò, in una
intervista rilasciatami nel 1994, che a
diffondere a Rapino, intorno al 1930, la
decorazione a quartieri fu Giovanni Pardi di
Castelli, soprannominato tombolino per le
sue fattezze fisiche.
Sicuramente,
Giovanni Pardi aveva acquisito durante gli anni
che lavorò in Piemonte e in Liguria le tipologie
decorative del monregalese e del savonese
arricchendo il suo bagaglio decorativo di stampo
castellano.
La sua nuova proposta di
suddivisione delle superfici ceramiche a
quartieri ebbe successo a Rapino, tanto che la
tipologia a quartieri cominciò a chiamarsi e
viene ancora oggi detta decorazione a
tombolino.
Andrea Bontempo, purtroppo, non
seppe precisarmi se la scelta della divisione a
quartieri fosse un’invenzione di
tombolino,
cioè di Giovanni
Pardi o
se fosse un’aggiornata riproposta di decorazioni
già viste dal ceramista castellano nel ricco e
stanco settore dell’istoriato castellano e
italiano.
Stando
all’iconografia di mia conoscenza, presumo, che
il tombolino possa essersi ispirato alle
tese di alcuni piatti di Francesco Grue,
attualmente conservati nel museo Acerbo di
Loreto Aprutino, nel museo delle Civiche
Raccolte di Arti Applicate, di Milano e nella
collezione d’arte della Cassa di Risparmio (Tercas),
di Teramo.
Giovanni Pardi
potrebbe aver avuto l’idea della suddivisione
della tesa in quartieri anche da un piatto
firmato G. Grue erroneamente attribuito a
Deruta (cfr. Aa. Vv., Abruzzo, A.
XXXVI-XXXVIII, gennaio 1998 – dicembre 2000,
Pescara, Sigraf, p. 136, volume secondo).
Le decorazioni
delle citate ceramiche dei Grue si distendono
entro i confini delle due componenti
morfologiche del piatto: la tesa e il cavetto.
La novità del ceramista
castellano tombolino,
invece, consiste nell’ aver egli cominciato
ad invadere, oltrepassandoli in alcuni casi, i
confini morfologici della tesa e del cavetto.
Questa
particolarità morfologica mi pare bastevole per
attribuirgli la paternità della decorazione a
quartieri sulla ceramica popolare abruzzese.
Tombolino
una volta
disposto al centro del cavetto
scorci di paesaggi idealizzati procedeva alla
suddivisione della corona circolare in quattro o
in sei sezioni alternando, in ogni quartiere,
frammenti del paesaggio centrale a decori
floreali dipinti con cromia accesa ed
esuberante.
Si tratta di
paesaggi inventati, di vedute archeologiche
inesistenti o di verdeggianti scorci campestri
con alberi frondosi in primo piano dalle foglie
lanceolate o paripennate e con lo sfondo di
catene montagnose; iconografia che ricorda i
paesaggi incisi da Giovanni Battista Piranesi e
da Bartolomeo Pinelli.
Tra la stagnante
e stanca ripetizione dei motivi decorativi
impiegati dai ceramisti abruzzesi, l’idea della
divisione a quartieri rappresentò una novità
morfologica, tanto che dall’iniziale impiego
sul vasellame a forma aperta si passò, in breve
tempo, alla divisione a quartieri anche del
vasellame a forma chiusa. Le convesse superfici
di zuppiere, salsiere, zuccheriere, caffettiere
e teiere cominciarono ad essere suddivise a
quartieri.
Stilisticamente
la decorazione a quartieri non viene risolta con
la tipica pennellata del compendiario, né con
quella meticolosa dell’istoriato.
Inizialmente,
(cioè intorno al 1930) l’impianto decorativo a
quartieri aveva l’aria di un indirizzo estetico
innovativo. Dinastie di artigiani dedicarono la
loro attenzione a questa novità, ma i risultati
estetici furono sempre mediocri.
Paesaggi e
inserti floreali intervallati nei sei scomparti
non dimostrano di avere raggiunto risoluzioni
artistiche eleganti, nonostante l’esecuzione
fosse minuziosa.
Per queste
motivate valutazioni sembra ragionevole dedurre
che, in generale, la decorazione a quartieri non
ha dato, sotto il profilo artistico, i frutti
sperati.
Cioè la prevista
invenzione artigianale che avrebbe rivoluzionato
e rivalutato la stanca pittura ceramica
castellana e abruzzese non si avvera.
Ormai contano i
risultati e non si tripudia più per il solo
“fatto a mano”. |