Pescara,
27.10.2012 (Numero 18) -
Far presto e bene
è sempre stato il motto operativo di tutti gli
artigiani. Infatti, i ceramisti impegnati nella
decorazione delle stoviglie popolari di serie,
per far presto e bene applicavano, sulle tese
del loro vasellame dozzinale, la stampigliatura
di pizzi e merletti imbevuti di colore,
ottenendo con questa procedura, sbrigative
bordure monocromatiche di gusto paesano,
stilisticamente diverse dalle tradizionali
decorazioni dipinte a mano.
A volte procedure
analoghe venivano applicate anche sui cavetti.
La pratica di questa tipologia decorativa viene
fatta risalire al Settecento.
Figuli e
commercianti, presumibilmente veneti, chiamarono
questa nuova rifinitura decorazione a la
buranella (cfr. Nicoletta Zanardi,Guida
alla decorazione della ceramica,Milano,A.
Mondadori,1982 e Nino Caruso, Decorazione
ceramica, Trento, Hoepli,1984).
Sebbene questo
sistema di decorazione non permettesse di
ottenere sfumature era accettato dal popolino
per la modicità del prezzo e, soprattutto,
perché la finta merlettatura interrompeva il
livore del bianco, poco gradito anche da chi
disponeva di redditi bassi.
E’evidente che
trattasi di innesto decorativo artificioso
ottenuto attraverso operazione meccanica e non
artistica.
E’ doveroso
segnalare, però, che la decorazione a la
buranella, data la modicità dei costi,
consenti a questo vasellame popolare di
penetrare nei mercati nazionali e limitare in
Italia la diffusione e la vendita delle
terraglie francesi e, soprattutto, inglesi.
Praticamente, su
interi servizi da tavola di carattere utilitario
veniva trasferita, con lieve pressione della
mano, una timbratura che ricorda, in un certo
senso, i processi tecnici della decalcomania.
Durante la fase operativa della timbratura
occorreva, però, essere manualmente accorti.
La minima
disattenzione, infatti, avrebbe provocato
fastidiose e antiestetiche sbavature e reso
invendibile il prodotto, perché ritenuto di
scarto.
Questa
decorazione praticata, secondo Maria Damerini,
dalla fine del Settecento, ma fortemente
affermatasi tra Ottocento e Novecento, è
conosciuta anche dai ceramologi con il nome di
“decorazione a la buranella” (cfr. M.
Damerini, Piatti Popolari Veneti, in
Kalos, Invito al Collezionismo, Speciale Arte
Popolare, Milano, Gorlich, n 10, 1972).
Fu abbastanza
diffusa pure in Abruzzo, come dimostra una
nutrita iconografia, ma, studiosi abruzzesi
l’hanno definita, molto semplicisticamente, “
motivo a merletto eseguito a stampino” (cfr.
Franco G. Maria Battistella, La Ceramica,
in Rapino- guida storico artistica, Pescara,
Carsa Edizioni, 2003).
Presumibilmente,
per ottenere decorazioni a la buranella
non venivano usati i costosissimi merletti di
Burano, né i pizzi al tombolo o ad ago prodotti
a L’Aquila a Scanno o a Pescocostanzo, ma quelli
più economici realizzati all’uncinetto.
Poiché la maggior
diffusione della decorazione a la
buranella si ebbe durante il periodo
risorgimentale nei cavetti di diversi piatti si
rinvengono i profili di famosi personaggi
storici: Garibaldi, Vittorio Emanuele ,
Lamarmora, Mazzini, soldati in armi o a
cavallo, bersaglieri, cavalleggeri, vivandiere,
militari dell’esercito sabaudo e altre glorie
italiane. Tra i piatti celebrativi c’è anche
quello di Pio IX (prodotto dagli eredi Todescan,
di Monticelli Conte Otto (Vi) e un Napoleone a
cavallo,che reca la marca a rilievo
“Bozzelli-Rapino”(Ch).
Sulla ribalta di
questa nuova tradizione si affacciarono regioni
di consolidata lavorazioni ceramiche, a
cominciare dal Piemonte. Lo studioso Carlo
Baggioli indagando sulla “Ceramica Vecchia
Mondovì” ha registrato e disegnato con garbo
grafico 188 motivi di decorazioni a la buranella
(cfr. Carlo Baggioli, La Ceramica
Vecchia Mondovì, Torino, Omega Arte, 1999,
pp.51-70).
Il decoratore del
monregalese, quindi, trovava sempre nuove
varianti facendo ricorso, forse, ai merletti di
Cogne. Così, stando alle ricerche condotte
finora, il Piemonte è la regione che più ha
usato la decorazione a la buranella I produttori
piemontesi di cui resta buona memoria sono:i
Musso, i Gabutti, la vedova Besio, i fratelli
Salomone e i fratelli Messa.
Segue, in fatto
di produzione, il Veneto con le botteghe di
Nove,condotte dai Cecchetto e con le botteghe
di Monticelli Conte Otto, condotte dagli
Antonibon e dagli eredi Todescan.
L’Abruzzo non è
stato da meno. Castelli, Rapino, Palena, Torre
de Passeri e Bussi si adeguarono all’impiego
della decorazione a la buranella e
produssero manufatti con bordure merlettate
accessibili anche alle borse più povere.
I piatti
abruzzesi prodotti a Rapino e a Castelli con le
bordure a la buranella sono marchiati
Bontempo, Bozzelli, Vitacolonna, De Nardis,
Pardi e Polci.
La nuova
tipologia manifatturiera attecchì anche nelle
Marche con botteghe a Fabriano, Pollenza,
Montottone, Ascoli Piceno e Pesaro. Decori a
la buranella si rinvengono pure tra le
produzioni di alcune botteghe coeve molisane,
laziali,e umbre. |